Farla in un modo, farla in un altro… ognuno ha la sua idea su come si fa una cartella sociale ma tutti concordano: va fatta! Ma da che parte incominciare?
Lo sappiamo tutti: bisogna tener traccia di ciò che si fa, occorre documentare la propria attività, scrivere aiuta la riflessività, eccetera eccetera. Ma allora perché noi assistenti sociali facciamo così fatica a tenere aggiornate le cartelle sociali? O addirittura non le facciamo? Il tempo, certo, il tempo è sempre poco. Ma quanto ne buttiamo via nel cercare un’informazione, un numero di telefono, un nome in quell’ammasso di fogli cacciati dentro di fretta in una cartella? O quando dobbiamo prendere in mano le cartelle altrui e ricostruire quello che è stato fatto?
Ecco, secondo me fare le cartelle sociali e tenerle aggiornate conviene. Davvero, conviene. Mi fa trovare al volo il recapito che cerco, mi permette di quantificare il mio carico di lavoro, mi aiuta a non perdermi nel flusso della quotidianità. E poi non saprei come altro fare a ricordarmi tutto.
Detto ciò, non ho una risposta esatta rispetto a come andrebbe fatta. Negli anni però ho trovato delle soluzioni che attualmente trovo soddisfacenti. Cominciamo dall’inizio e prendiamo quelle meravigliose cartelline in cartoncino floscio riciclato che piacciono così tanto ai comuni :-).
A chi intesto le cartelle?
E’ prassi che le cartelle siano nominali: tante teste, tante cartelle: Mario Rossi, Lucia Bianchi, Andrea Verdi…
Io preferisco intestarle alla famiglia, perché mi aiuta a tener bene a mente che anche l’intervento più ad personam possibile ha influenze su tutto il sistema familiare e quindi non è possibile progettare qualcosa di buono isolando chirurgicamente il (presunto) portatore del bisogno dal suo contesto circostante. Quindi io ho cartelle intestate: Rossi, Bianchi, Verdi…
La copertina.
In copertina (intendendo la copertina della cartellina di cartone) io non ci metto proprio niente, se non il nome della famiglia, giusto per sapere di chi è senza aprirla. Però all’interno (quindi: aprendo la cartellina, sul lato sinistro) metto un foglio con tutti i dati anagrafici della famiglia: indirizzo, componenti del nucleo con data di nascita e recapito telefonico, altri contatti significativi, referenti e recapiti degli altri servizi coinvolti. Nei casi di Tutela minori, i riferimenti al fascicolo del minore.
Così, se ho bisogno di chiamare la mamma di Mario Rossi, è un attimo trovare il numero. Se devo sapere quanti anni ha Lucia Bianchi e quanti ne ha sua sorella Maria, voilà. Se non mi ricordo il nome della psichiatra di Andrea Verdi, eccolo lì. Ecco perché fare la cartella conviene. Qua trovate il foglio che uso (scarica: copertina cartella), mutuato dalla collega G. Daleffe a cui va il mio riconoscimento.
La documentazione: come suddividerla.
Se i fogli iniziano a diventare tanti, mi piace raggrupparli: mi stampo un A3 che piegato a metà diventa una cartellina che raccoglie i vari documenti. C’è chi li raggruppa per progetti (che so, “assistenza educativa scolastica 2016/17”), chi per provenienza (documenti in entrata, in uscita e interni). Io adesso li divido in: documenti professionali e documenti amministrativi (scarica: Doc amministrativa). I secondi sono un male necessario, siamo dentro un Comune per cui un po’ di scartoffie sono da mettere in conto, però li considero per quello che sono: una condicio sine qua non. Se il loro numero supera quello dei documenti professionali c’è qualcosa che non va.
La documentazione professionale. Cioè quello che rende il mio lavoro diverso da quello che può fare il volontario o l’assessore del paese. Qua ci sono i miei strumenti, gli attrezzi che mi permettono di raccogliere le informazioni, ragionarci sopra, dar loro una forma e un senso. Al di là dei documenti che portano le persone (relazioni cliniche, verbali di invalidità, ISEE…) oppure che ci scambiamo tra servizi (relazioni educative, domande di inserimento…), ci sono i documenti che produco io, l’assistente sociale. Quali?
Il diario. Il documento base è il diario. Un semplicissimo foglio A4 a righe, con lo spazio per scrivere la data e i vari interventi effettuati (scarica: Diario interventi). Utile per tener traccia del lavoro svolto e per non perdere i pezzi. Fondamentale se ci sono più operatori che lavorano sullo stesso caso (es. as e psicologo) o in caso di turnover (maternità, malattia, trasferimento… tutti eventi molto frequenti).
Un’accortezza… usate anche il retro del foglio stampando altre righe della tabella! vi aiuterà ad avere cartelle sociali meno voluminose (e a risparmiare carta).
Interventi più significativi.
Si potrebbe usare il diario per tutte le situazioni, ma io trovo utile differenziare alcuni interventi professionali che spiccano dall’attività di ordinaria amministrazione. Mi riferisco ai colloqui e alle visite domiciliari. In questi casi preferisco utilizzare una documentazione ad hoc, perché mi aiuta ad annotare tutte le informazioni e a distinguere queste attività da quelle di routine, come per esempio la telefonata, l’email o altri scambi comunicativi minori, che annoto sul diario (scarica: Registrazione colloquio e Visita domiciliare).
Stessa cosa per le riunioni, che distinguo in équipe (interne) e incontri con gli altri servizi (scarica: Verbale équipe e Verbale incontro).
Così, quando devo scrivere la relazione sociale ho tutte le informazioni che mi servono a portata di mano.
Ecco perché fare la cartella conviene.
Relazione sociale e Progetto di intervento.
Concludono l’elenco dei documenti professionale la relazione sociale e il progetto di intervento. Questi sono i documenti “clou” della nostra attività professionale… e meritano un discorso a parte. Qua trovi il post sulla Relazione sociale.
Cartella cartacea e cartella informatica.
Sembra anacronistico dilungarsi sulla cartella sociale fatta di carta, quando sempre più comuni stanno adottando quella informatica.
Sui vantaggi del poter avere i dati in formato digitale si è detto troppo perché io possa aggiungere ancora qualcosa: è ovvio che la consultazione viene ulteriormente facilitata, così come la loro elaborazione statistica… a patto che i software utilizzati per gestire le cartelle siano sufficientemente intuitivi da utilizzare e consentano l’estrazione dei dati nei formati richiesti dalle varie rendicontazioni o indagini statistiche. Se devo impazzire a caricare i dati e poi non posso nemmeno estrarli per, ad esempio, rispondere al questionario Istat sugli interventi sociali dei comuni, la motivazione cala…
In ogni caso, permane la necessità di avere un contenitore che raccolga il cartaceo, perché non tutta la documentazione può essere dematerializzata.
Quindi continuiamo a darci da fare per pensare a come creare buone cartelle sociali!
L’ha ribloggato su MAPPE nelle POLITICHE SOCIALI e nei SERVIZI.
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